Il nucleo urbano di Vobarno attraversato dalle cristalline acque del fiume Chiese.

 

Il nucleo urbano di Vobarno lungo il fiume Chiese Stemma del Comune di Vobarno in Valsabbia

 

I nuclei urbani di Vobarno in Valle Sabbia.
Il comune di Vobarno, come lo conosciamo oggi, deriva dalla fusione di tre antiche entità: Vobarno, il comune di Teglie (dal 1810), il comune di Degagna (dal 1928).
Comprende, oltre al capoluogo, sette nuclei abitati di vetusta formazione: a nord Degagna, Eno, Carvanno; a nord-est Teglie-Moglia, Carpeneda; a sud Pompegnino e Collio.
Come emblema ha una pigna, da quando un simile manufatto marmoreo, di probabile epoca romana, venne dissepolto nel perimetro della piazza, in anni imprecisati del basso Medioevo.

Il nucleo urbano di Vobarno, adagiato su un verde terrazzo alluvionale, alla confluenza del torrente Agna con il fiume Chiese.

 

Vobarno adagiato su un terrazzo alluvionale.

 

Il capoluogo Vobarno
Adagiato su un terrazzo alluvionale del periodo rissiano-wurmiano, alla confluenza del torrente Agna col fiume Chiese, che divide l'abitato in due nette zone (la parte antica e quella di più recente costruzione), Vobarno è un passaggio obbligato per quanti percorrono la provinciale che da Tormini risale in Val Sabbia.
Lo si incontra superata la galleria della Corona, quando lo sguardo prende a spaziare in un felice dilatarsi dell'orizzonte, fino alla cornice dei monti circostanti dal profilo mosso e diversificato.
È dominato dai ruderi del castello, sulla collina del Cingolo, trasformato in santuario già nel XVI secolo.

 

 

Gare di canoa sul fiume Chiese a Vobarno in Valsabbia

 

Gare di canoa sul fiume Chiese a Vobarno in Valsabbia.

 

Le frazioni di Vobarno

Pompegnino e Collio
Poste a sud del capoluogo, verso il limitrofo comune di Roè Volciano, separate fra loro dal corso del fiume Chiese, Pompegnino e Collio sono sicuramente di origine romana.
A Collio già nel 1906 vennero alla luce due tombe di tipo cappuccino con corredo di armille, anelli, uno stilo e una coppia di dadi in bronzo: altre quattro, simili alle precedenti, furono rinvenute nel 1976 durante i lavori di sterro per la costruzione di un garage.
Contenevano frammenti di corredo e giacevano a circa 3 m di profondità.
Più di recente a Pompegnino, per il franare del bordo di una cava di sabbia, apparve una sepoltura ad embrici accostati e fondo in laterizio di impasto ocra, con evidenti brani di ossa umane.
I toponimi stessi di Colli (o Caules) per Collio e Pompagus (o Pompager) per Pompegnino rievocano quel lontano periodo.
Infatti, Pompegnino appare ancora come Pompagae, "...villatellam... in curte Buarni", in un documento del 1183 (Odorici), a proposito di un convento benedettino ivi sorto, in quei secoli, i cui monaci bonificarono vasti appezzamenti di terra strappandoli al fiume.
La chiesa attuale, del resto, è ancora intitolata a S. Benedetto sebbene nulla abbia a che fare con quella dell'antico monastero (forse il sito in cui sorge).
L'abitato medioevale, caratterizzato da vaste dimore rurali porticate, ha lasciato un debole ricordo di sè nell'odierno assetto alquanto rimaneggiato.
Anche Collio, sviluppatosi nel nucleo primigeno su un poggio mirabilmente esposto al sole, si è dilatato, giù, verso il basso, valicando il Rio Traversante e raggiungendo l'argine del Chiese.
Conserva qualche via stretta, qualche casa con accenno di loggia, l'unica casa a soppalchi interamente in legno, esempio di quell'architettura spontanea, dettata dalle esigenze del vivere quotidiano, che un tempo doveva costituire la parte più significativa del patrimonio edilizio.

Carpeneda (=Carpineta, da carpine)
Forse è la più antica; sicuramente la più recente (apparente contraddizione). Carpeneda ha fornito il reperto più arcaico dell'intero comune: un'ascia in pietra levigata, ora presso il Museo archeologico di Gavardo, che precipita le vicende del territorio ai confini della preistoria.
Dalle profondità del tempo al nostro secolo: l'evoluzione della frazione avviene, infatti, nel '900, attorno alla costruzione dell'importante centrale idroelettrica.
In precedenza esistevano poche case, per lo più sparse nella campagna verso Sabbio; una grossa fornace per la lavorazione della calce era funzionante dall'800 e forse prima all'inizio del paese.

Teglie-Moglia (a 656 m di altitudine, Nord Ovest di Vobarno)
Questo piccolo paese ebbe dignità comunale fino al 1810, quando l'amministrazione filo-francese del Regno d'Italia lo accorpò a Vobarno.
Anticamente contava cinque frazioni: Moglia, la più grande, Tiole (Tegliole), Casale Sopra e Sotto, Dosina (Dozzina).
La casa comunale sorgeva a Teglie, nella parte alta dell'abitato. Non si sa di preciso a quando risalga Teglie, presumibilmente al periodo altomedioevale.
Una leggenda lo vorrebbe fondato dal comandante di un esercito in rotta.
Il toponimo, derivato secondo l'Olivieri da teggia, nel senso di ricovero, riparo, per estensione luogo riparato, potrebbe ricollegarsi, poeticamente, alla leggenda di un piccolo esercito sbandato, in cerca di un rifugio sicuro.
Teglie ebbe momenti di prosperità legati ad attività agro-silvo-pastorali e in forza delle esenzioni di cui godeva la Quadra di Montagna durante il dominio veneziano: raggiunse e superò i 600 abitanti.
Venne devastato nel XVI secolo e ancor più nel XVII secolo della peste, a tal punto che alcune frazioni scomparvero, essendo morti tutti i loro abitanti.
Oggi è un paesetto di 150 anime, adagiato su un dolce crinale soleggiato, rivolto sulla valle del Chiese.
Conserva l'assetto urbanistico originario con viuzze strette e sinuose, case in pietra a vista, archi bassi, a tutto sesto, che immettono in cortili più o meno vasti.
Il paesaggio circostante, di prati e boschi verdi, reca i segni dell'attività economica prevalente negli anni 1960-70: le cave di marmo. Ora sono tutte chiuse.

 

 

La Rocca di Vobarno in Valsabbia

 

La caratteristica Rocca di Vobarno in Valsabbia.

 

Degagna, Eno, Carvanno
A Vobarno, dove l'Agna confluisce nel Chiese, c'è una strada che, costeggiando il torrente, risale verso nord lungo la vallata serpeggiante come l'acqua che le scorre nel mezzo: è la Val Degagna, che in una dozzina di chilometri raggiunge il passo del Cavallino della Fobbia, a 1091 m di altitudine.
Si ritiene derivi il proprio nome non tanto dal corso d'acqua, l'Agna, quanto da decania.
Le decanie, in epoca longobarda, erano suddivisioni territoriali in cui veniva ordinato il ducato, sottoposte alla giurisdizione di un'autorità superiore che, in queste zone, coincideva con la pieve cristiana.
La pieve di Vobarno, infatti, comprendeva quattro decanie: Piano, Prandaglio, Teglie e Val d'Agna (o Carvanno).
Da notare, inoltre, che Degagna ancor oggi non corrisponde ad un centro abitato specifico, bensì denota un'area comprensiva di otto nuclei di antica formazione, tutti con propria denominazione.
Verde e silenziosa, la Valle alterna stretti passaggi ombrosi ad ampi slarghi assolati di prato e fitto bosco: dall'alto la guardano alcuni dei maggiori gruppi montuosi del comune, quali le Marmere e la Zingla (1497 m).
Nel tempo essa ha costituito la via naturale più breve per giungere a Treviso Bresciano, Idro, Capovalle e Val Vestino.
Il tracciato che conosciamo, presumibilmente romano nelle linee fondamentali, mantenne sempre la sua importanza, anche quando fu costruita la "via regia" lungo il Chiese: il valore strategico di una "scorciatoia", in zone perennemente di confine, del resto non sfugge, e ancora nel 1915 la I armata del Regio Esercito vi conduceva lavori di riattamento per adeguarla alle nuove esigenze belliche.
Di qui passarono i "Lanzi" del Frundsberg, guidati dal conte di Lodrone nel 1526; discesero gli Austriaci nel 1799 durante un contrattacco alle armate napoleoniche; vi transitò Garibaldi, diretto in Trentino, nel luglio del 1866; fu un andirivieni di truppe italiane dal 1915 al '18, per raggiungere le postazioni di frontiera.

Suo capoluogo è la Degagna, graziosa località a 5 km da Vobarno, distribuita in otto parti su entrambi i versanti vallivi: S. Martino, Cecino, Ceresigno, Fustegnago, Busignone, Lizzane, Fucine e, più discosto, Rango.
Fu comune a sè stante fino al 1928: contava due frazioni, Carvanno a ovest, Eno a nord.
Abitata sicuramente già in età romana (la toponomastica in proposito è significativa), Degagna assunse i caratteri attuali durante il Medioevo, fortificando i suoi piccoli centri in posizioni facilmente difensibili o naturalmente riparate (come Cecino e Fustegnago su alture o Ceresigno su uno sperone roccioso); predominano anche qui le forme classiche di un'architettura spontanea, dettata dalla necessità di lavorare, vivere, difendersi.
L'intera Valle impostò la propria economia non tanto su attività tipicamente montane, quanto sulla lavorazione del ferro, nella produzione di vanghe, zappe, chioderie, ritirate per intero dal mercato veneziano; l'arte del ferro vi trovò uno sviluppo precoce per le condizioni naturali favorenti.
Sorsero fucine e officine accentrate in punti particolari dell'Agna.
Pionieri interessati giunsero dalla vicina Valsabbia, portando il loro contributo di esperienza e abilità: fra questi un Glisenti di Vestone.
Nel 1587 l'attività era già tradizione affermata quando, in una "giobbia" del mese di giugno, le acque del torrente, rese impetuose da un uragano improvviso e violento, investirono violentemente fucine, uomini e case spazzandole via.
La siderurgia riprese, comunque la sua strada, venne ricostruita ogni cosa, seppelliti i morti i magli ripresero a lavorare.
A decretarne la fine, quindi, non fu la natura ma il lento mutare delle condizioni di produzione, l'avvento dell'industria, la perdita in competitività di queste aziende familiari secolari. L'ultima fucina chiuse nel 1927.

La frazione di Eno dista circa 5 km da Degagna proseguendo la strada comunale verso la Fobbia.
È un piccolo agglomerato dell'alta valle, a 600 m s.l.m., un tempo famoso per la sua cava di marmo nero, detto marmo paragone; questa cava, attiva per un periodo indefinibile in mancanza di documenti, nel XVI secolo fornì materiali per i fregi della facciata del palazzo della Loggia, in Brescia.

Carvanno, invece, sorge su un piccolo altopiano isolato, sul versante destro dell'Agna verso i monti di Teglie e Provaglio, raggiungibile dopo aver abbandonato la strada di fondovalle in località Rango.
Felicemente esposta al sole, con clima saluberrimo, la frazione sembra derivi il proprio nome dal nome personale latino Carvanus.