Bagolino è situato in una pittoresca posizione. L'abitato ha conservato in gran parte integra l'antica struttura urbana; le vecchie case in pietra, ornate di ferro battuto e tra loro collegate da sottopassaggi, si dispongono assecondando la morfologia del terreno e formando un insieme ricco di valori ambientali.

 

Bagolino in Valsabbia Stemma del Comune di Bagolino in Valsabbia

 

I nuclei urbani di Bagolino
Il comune di Bagolino, il più esteso territorialmente della Valle Sabbia, è situato alla sua estremità settentrionale.
Il capoluogo, Bagolino, sorge in un'ampia conca nella valle del Caffaro e comunica con le valli vicine per mezzo di due passi che ebbero in passato grande importanza e ne influenzarono la storia: il passo di Croce domini (m 1895) che lo unisce alla Val Camonica e il Giogo del Maniva (m 1664) che lo unisce alla Val Trompia.
La Valle del Caffaro, orientata in senso perpendicolare alle Alpi, ha il suo vertice nel Passo del Termine (m 2334), confine naturale fra Lombardia e Trentino, dove nasce il fiume.
Attraverso un paesaggio di notevole ricchezza floristica e faunistica, il torrente Caffaro, scorrendo, ora su falsi piani, ora in profonde forre, giunge nella pianura di Ponte Caffaro, dove, in prossimità del lago d'Idro, confluisce nel Chiese.
Il territorio, attraversato dalla provinciale S. Antonio-Crocedomini, riassume in un percorso di circa 20 km diverse caratteristiche ambientali: dai 360 m della zona lacustre ai 2843 m del Cornone di Blumone, nel gruppo dell'Adamello.

 

Il Cornone del Blumone m 2843 gruppo dell'Adamello

 

Visione primaverile del magnifico Cornone del Blumone m 2843 nel gruppo alpino dell'Adamello.

 

L'ambiente montano che circonda Bagolino, oltre alle bellezze naurali che può offrire al turista in una varietà di itinerari di diversa difficoltà, è arricchito di fascino particolare per l'enorme patrimonio di cascine, malghe, santelle, disseminate tutte attorno al paese e abitate, le prime, per la maggior parte dell'anno.
Il nucleo urbano di Bagolino, raccolto attorno alla sua imponente parrocchiale che lo domina, si presenta, visto dalle montagne che lo circondano, con una singolare forma di "esse": le due contrade di Ösnà e Cävril sono unite fra loro da una striscia di case che sembrano proteggere la via principale (l'antica piazza).
Il paese mostra i segni di un passato importante, molte le case architettonicamente pregevoli, sorte tra il 1600 e il 1800, quando la fiorente industria del ferro, grazie alla ricchezza dei boschi e alla vicinanza delle miniere della Valle Trompia, permise il nascere di una borghesia di mercanti e artigiani favorendo il benessere di tutta la popolazione allora molto numerosa.
Altri particolari degni di nota sono i numerosissimi portici (rappresentativa Via Portici, vecchia strada principale e commerciale), le inferriate, i portoni, i "fusinai" (fuochi alla veneta sporgenti dalla sagoma della casa), le fontane in granito, gli affreschi sulle case databili tra il 1400 e il 1800.
Fra le belle piazzette interne è degna di nota piazza Mercato, su cui si affaccia una casa con portico sostenuto da archi e impreziosita con due facce in pietra; in un'altra costruzione si possono vedere le pietre enormi dell'antica Torre Comunale (del 1400 circa), riportata in alcuni dipinti raffiguranti il paese.
Le strade dell'abitato sono strette e acciottolate, mentre numerose scalinate collegano il borgo con la parte alta dove si stagliano le chiese di S. Giorgio (parrocchiale) e di S. Lorenzo. Sovrasta il paese la mole dell'antico convento, fondato nel 1517 dalla Beata Lucia Versa da Lumi, originaria di una ricca famiglia di Bagolino, completamente estinta nell'incendio del 1779.
Al suo interno, nella chiesetta, si può vedere la pala della chiesa dei Ss. Gervasio e Protasio di G .B. Motella. Ora il vetusto edificio, completamente ristrutturato e attrezzato, è stato trasformato in efficiente casa di riposo.
Proseguendo lungo la strada principale in direzione di Gaver, si incontra la chiesa di S. Rocco con splendido ciclo di affreschi di Pietro da Cemmo (1483-86); infine, di notevole suggestione, all'uscita del paese, il Cimitero Vecchio. La frazione di Ponte Caffaro, in continuo sviluppo grazie alla sua posizione su un'importante arteria di traffico turistico-commerciale, sorge nella pianura coltivata che circonda a nord il lago d'Idro.
Dopo la paziente opera di bonifica iniziata dai Benedettini attorno all'anno 1000 e durata secoli tra alterne vicissitudini, il terreno di Pian d'Oneda fu suddiviso in parti uguali fra 241 famiglie povere.
Questa divisione in piccoli appezzamenti di uguale dimensione, separati fra loro da un ordinato disegno di fossi e di stradine è rimasta pressoché inalterata nel tempo, a testimonianza di una intelligente opera di lottizzazione.
I "Quadri", insieme con la presenza del lago, costituiscono la caratteristica dominante del paesaggio di Ponte Caffaro.
Venendo da Brescia, poco prima di entrare in paese, in località Caselle, è visibile la chiesa di S. Giacomo. Della sua esistenza si ha notizia fin dal IX secolo quando dipendeva dai Benedettini di S. Pietro in Monte.
Dedicata a S. Giacomo, protettore dei pellegrini, comprendeva un tempo anche un ostello per ospitare i viandanti.
Nel territorio del comune di Bagolino sono presenti altri due nuclei abitati di una certa importanza: Cerreto, sulla strada che porta a Riccomassimo, in Trentino, e Valle Dorizzo, sulla strada che conduce in Gaver.

 

L'anello di sci di fondo nella piana del Gaver con la Corna del Blumone sullo sfodndo

 

L'anello di sci di fondo nella piana del Gaver con la Corna del Blumone m 2843 sullo sfondo.

 

Notizie turistiche
Nel campo turistico, il territorio ha buone opportunità da sviluppare, sia per quanto riguarda il periodo estivo che quello invernale.
In estate, a Ponte Caffaro, la presenza del lago d'Idro, particolarmente adatto alla pratica della vela grazie al moto ondoso pressoché nullo e ai suoi venti caratteristici (l'ander in direzione sud-nord in condizioni metereologiche normali, e il suer in direzione opposta che, in condizioni perturbate, si presenta anche con raffiche di elevata intensità), è indubbiamente un richiamo.
Buone la pescosità del lago d'Idro (trota, persico, anguilla, carpa, cavedano, bottatrice, alborella) e le attrezzature turistiche (alberghi, campings, ristoranti, pizzerie, campi da tennis e da calcio).
A Bagolino, in un ambiente montano incontaminato, numerosi sentieri segnati propongono itinerari suggestivi di diversa difficoltà e bellezza dai 700 m ai 2843di altitudine, alla scoperta dei numerosi laghetti alpini, dei torrenti ricchi di trote, dei boschi, dei pascoli, delle malghe.
Per il turismo invernale, notevole sviluppo hanno raggiunto le stazioni di Gaver e Maniva.

 

La piana del Gaver in inverno

 

La piana del Gaver con lo sfondo del Monte Blumone durante la stagione invernale.

 

In Gaver (1500 m, km 12 da Bagolino) diversi impianti di risalita, fra cui una seggiovia che porta ai 2000 m del Monte Misa, permettono l'utilizzo di 15 km di piste.
Per gli appassionati di fondo, un ottimo anello, di circa 7 km, si stende nella Piana di Gaver, immergendosi nei boschi.
In Valle Dorizzo (m 1200, km 8 da Bagolino), una sciovia serve una larga e facile pista per la discesa, mentre un laghetto artificiale diventa una pista di pattinaggio (con possibilità di noleggio dei pattini) dove potersi esprimere sul ghiaccio in mille evoluzioni.
Sul Monte Maniva (1900 m, km 8 da Bagolino), altri impianti di risalita, con seggiovie, e piste di diversa difficoltà per circa 15 km.
Buona la ricettività turistica in Gaver, in Valle Dorizzo, in Maniva e Pissisidolo, con alberghi, ristoranti, pizzerie, campeggi (anche invernali in Valle Dorizzo e Gaver).

 

Suonatore di violino durante il carnevale di Bagolino in Valsabbia

 

Suonatore di violino durante il carnevale di Bagolino.

 

Folklore e cultura
Il carnevale
Solo recentemente (1972) gli studiosi del mondo popolare hanno scoperto il carnevale di Bagolino, che, per lo straordinario complesso delle sue musiche, delle sue danze, dei suoi costumi, è stato classificato fra le più interessanti scoperte etnologiche degli ultimi secoli.
Fenomeno pressoché unico in Italia e con pochi equivalenti in tutta Europa, la tradizione, di origine antichissima, è profondamente radicata nella gente di Bagolino e della frazione Ponte Caffaro, che la vive tuttora intensamente.

 

Maschere al carnevale di Bagolino in Valsabbia

 

Le variopinte maschere del carnevale di Bagolino.

 

Specialità gastronomiche e antiche abitudini alimentari
Tre le specialità gastronomiche, è tipico di Bagolino il bagoss: formaggio a pasta dura, prodotto nelle malghe locali in forme da 15-20 kg; viene stagionato per circa due anni e raggiunge, a maturazione, il gusto particolare che lo ha reso famoso.
Nei tempi passati il cibo più comune era la polenta. Con essa si mangiava il formaggio stagionato o la puìna, cioè la ricotta, che non veniva salata per evitare la sete.
La prima colazione si faceva con la polenta avanzata dal giorno prima.
Durante l'inverno si mangiavano patate, verza, rape e castagne.
La carne si mangiava solo durante le grandi feste; le galline si tenevano per le uova e le mucche per il latte.
Il latte era un cibo di lusso, perché i mandriani lo usavano per fare il burro ed il formaggio.
I ragazzi facevano festa quando potevano intingere la polenta nel fioricc, terza essenza del latte.
Piatto molto saporito la polenta tiragna che si condiva con il formaggio, mentre era ancora sul fuoco.
Si rovesciava dal paiolo in un recipiente di rame stagnato e sopra si versava il burro. I bambini aspettavano solo quel giorno per poterla mangiare.
Vi erano anche i capù màgher che erano fatti con una foglia di verza e un ripieno composto da carne, formaggio bagoss, uova e prezzemolo.
Molto gustosi erano i casunsèi preparati con pasta fatta in casa e ripieno di carne (i ravioli di oggi).
Non si devono dimenticare le mericonde, che sono fatte di formaggio, uova, prezzemolo, erbe (principalmente verza fritte), e pane.
Sono un cibo molto antico e si mangiava ancora quando non si conoscevano né le patate, né il granoturco.
Questo gustoso cibo veniva impastato a gnocchetti, che venivano bolliti col pollo, quando questo era già a buona cottura.
Si preparava anche una minestra con ortiche bollite con il latte; da ricordare anche il radicchio lessato, arrostito con il burro e la cipolla, condito poi con la puìna grattuggiata. Apprezzate sono anche le comede (spinaci selvatici), una verdura che cresce ancor oggi spontanea nei prati.

 

Sci alpinismo sul Cornone del Blumone

 

Sci alpinismo sulle fiancate alpine del Monte Blumone.

 

Gli impianti di risalita e l'anello di fondo al Gaver

 

Gli impianti di risalita al Monte Misa e l'anello di sci fondo nella vallata ai piedi del Cornone del Blumone.

 

Itinerari escursionistici
Numerosissime potrebbero essere le proposte di itinerari escursionistici nell'ampio territorio bagosso.
Se ne presentano solo alcune significative.

Cornone di Blumone, m 2843, (dalla Val Cadino)
Il Cornone di Blumone è un imponente massiccio roccioso, dalle tonalità scure, che domina la Valle del Caffaro.
È ben conosciuto dagli escursionisti bresciani che lo considerano una gita tradizionale sia per la facilità di accesso che per gli ampi panorami che si osservano dalla sua vetta.
Di rilevante importanza alpinistica è il suo versante occidentale su cui sono state tracciate diverse vie in roccia.
Anche d'inverno la zona è assai frequentata dagli sci-alpinisti.
La prima salita nota della cima è stata quella compiuta da un plotone di alpini nel 1878 per il versante nord-est.
Molto particolare è la geologia della montagna, sulla quale sono stati eseguiti diversi studi e osservazioni.
Ai piedi della parete ovest, una vasta conca pietrosa è occupata dal Lago della Vacca, bacino artificiale sempre custodito dai guardiani della Società Caffaro.
È appunto in una sezione della casa dei guardiani che è stato ricavato il rifugio Gabriele Rosa.
Diverse sono le vie di accesso alla zona; le più note e frequentate sono quelle da sud per la Valfredda, la Val Cadino e dalla Piana di Gaver.
La gita descritta è alla portata di ogni esperto escursionista di montagna e la si può effettuare in un solo giorno.
Localizzazione e morfologia: il Cornone di Blumone è una delle estreme propaggini meridionali del gruppo adamellino e quindi delle Alpi Retiche, al confine con l'ambiente prealpino, per cui sono ben visibili zone di contatto fra rocce alpine e prealpine di grande interesse geologico.
Varia e interessante è anche la particolare flora della zona.
Il rifugio: rifugio Gabriele Rosa al Lago della Vacca (2353 m), 12 posti letto, proprietà CAI Brescia.

 

Il lago artificiale della Vacca sulla via per il Cornone del Blumone

 

Il lago della Vacca innevato.

 

Aperto d'estate e occasionalmente fuori stagione, dispone di acqua corrente e riscaldamento elettrico.
Situato nella parte destra della casa dei guardiani della diga, sostituisce un vecchio rifugio abbandonato che era situato sotto la Cima Laione.
Periodo ideale: giugno-settembre (in certi anni anche ottobre).
Dislivello in salita: 1003 m; tempo di salita: ore 4,30. Guide alpine: nella zona operano le Guide della Val Camonica e del Gruppo Guide di Brescia.
I dintorni della zona si prestano per escursioni di tipo naturalistico.
Da segnalare come cime facilmente raggiungibili la Cima di Laione, il monte Frerone e la Cima delle Terre Fredde.
Interessante è anche il giro completo attorno al Cornone di Blumone partendo dalla Piana del Gaver.
Raggiunta da Bagolino la Piana del Gaver (1513 m), si prosegue ancora con l'automobile per la strada del Passo Croce Domini, si supera il goletto di Gavero e si giunge nei pressi della Malga Cadino (1840 m) da dove parte una stradina sterrata che risale la Val Cadino (segnalazioni in loco).
Al termine della strada sterrata, si segue un sentiero ben segnalato che passa fra caratteristiche rocce bianche e ci si alza gradatamente, verso la testata della valle, costeggiando i fianchi della Cresta di Laione, fino a raggiungere il Passo della Vacca (2355 m).

 

Il passo della Vacca sulla via per il Cornone del Blumone

 

Il passo della Vacca con la caratteristica roccia a forma dell'animale.

 

Il nome prende origine da un curioso roccione situato nei pressi del valico che richiama appunto il profilo dell'animale.
Da qui in breve si raggiunge la diga e il rifugio con bella vista del Cornone di Blumone che si dovrà superare per raggiungere il versante N.E. dove sale la via normale di salita (ore 2 dalla strada del Crocedomini).
Si prosegue dopo il rifugio G. Rosa in comune con l'Alta Via dell'Adamelio e, dopo aver costeggiato brevemente il lago, si sale per una zona pietrosa fino al Passo del Blumone (2633 m; ore 0,45'); ore 2,45'.
Si attraversa poi in quota una larga scarpata detritica, situata sul fianco dell'anticima del Blumone, si aggira uno sperone giungendo così al ripido pendio settentrionale.
Lo si risale in direzione di un piccolo intaglio roccioso della cresta, situato nei pressi della vetta, dove per ripido canale e rocce gradinate si guadagna la cima (ore 1,45'; ore 4,30').
Con una bella giornata limpida il panorama è di grande interesse. Ritorno per lo stesso itinerario (ore 3).

 

Il lago della Vacca  visto dal Cornone del Blumone

 

Il lago della Vacca visto dalla cima del Cornone del Blumone m 2843.

 

Croce di Carena
Dai pressi del ricovero S. Giuseppe, sito nella parte più a monte di Bagolino, ci si incammina lungo la ripidissima stradina consorziale intagliata a mezza costa verso oriente che porta in località Colegna, una conca prativa e alberata a circa mille metri di quota, sparsa di rustiche baite e fienili.
Raggiunto il limite superiore della conca, si imbocca, a sinistra, il sentiero che si inerpica nel bosco composto prevalentemente di faggi.
Il sentiero, che raramente concede tratti pianeggianti, lascia di quando in quando ai lati le ormai abbandonate piazzuole circolari sulle quali veniva prodotto, con l'antichissimo procedimento della combustione senza fiamma, il carbone di legna.
Superato il selvaggio e dirupato dosso dei Lupi e il successivo dosso Tupi (m 1590), si sbuca sugli spettacolari e panoramici prati-pascolo della località Fontana (m 1600), che si estendono a balcone sulla Valle Sabbia.
Lassù, nei mesi estivi, ferve molto intensa l'attività sia dell'alpeggio che del taglio dell'erba che, una volta affienata, trova sistemazione nei caratteristici fienili con i tetti di ardesia.
Lasciato il sentiero che, con ampie curve, rimonta le pendici delle Strine, si perviene alla Croce di Carena (m 1952), dove campeggia una vecchia croce di ferro e da questa, il monte Carena, che fa da spartiacque tra la valle del Caffaro e la valle del rio Riccomassimo confine con il Trentino.
Ancora un tratto di itinerario quasi pianeggiante sul colmo della larga dorsale vistosamente segnata dal passaggio del bestiame ed ecco la santella dell'Arciprete (m 1935).
L'itinerario rimonta poi le ripide e pascolive pendici del dosso Dolò dal quale, si raggiunge la sommintà stretta e allungata del monte Telegrafo (m 2175) che spazia sulla valle del Caffaro, sul Dosso Alto, sul Maniva fino al Blumone.
A nord il panorama comprende le vallate meridionali del Trentino con il gruppo del Brenta (se la visibilità è buona); dalla Croce di Carena si può vedere uno scorcio del lago d'Idro e il basso lago di Garda.
La gita completa comporta circa 4 ore di cammino: per la croce di Carena il tempo di percorrenza è di circa 2 ore e mezza.

 

Il Gaver a Bagolino d'inverno

 

Accoglienti strutture alberghiere in Gaver durante la stagione sciistica nel complesso dell'Adamello.

 

Alle Sepiole
Da Bagolino si scende al ponte Destrone che scavalca il fiume Caffaro; si prosegue oltre un centinaio di metri sulla strada asfaltata che conduce alla stazione di partenza degli impianti sciistici del Maniva per deviare a destra su una stradina pure asfaltata che si snoda più ripida e stretta.
Nei pressi del bivio, per chi volesse iniziare subito a camminare, c'è la possibilità di parcheggiare.
Dopo un breve tratto si raggiungono i fienili Nigra (m 985), uno lo si lascia sulla destra nelle vicinanze di una curva, mentre un secondo, il più caratteristico, sorge appena sopra la scarpata della strada e a breve distanza dal bosco.
Avanti ancora ed ecco i fienili di Corè Basso, quindi si sale a quelli di Corè Alto, nei cui pressi sorge una santella con dipinta la Madonna del Rosario.
La strada si snoda sempre molto comoda tra il susseguirsi di radure e attraverso fitte zone di bosco composto da una vegetazione molto varia.
Vi si notano aceri,.abeti, faggi, larici, salici, sorbi e maggiociondoli che, nel periodo della fioritura, chiazzano il bosco di colore giallo brillante.
Dopo essersi affacciati fugacemente sulla valle di Vaia che si apre profonda e boscosa sulla destra, i fienili Monciucco e da questi, doppiati alcuni tornanti, si giunge alle Sepiole (m 1328), dove si estendono magnifici prati che si inoltrano verso la valle del Caffaro.
Qui, dominati dal monte Bagoligolo, sorgono una dozzina di baite e fienili, tutti facilmente raggiungibili mediante brevi diramazioni.
Dalle Sepiole si può proseguire e raggiungere la Colma, dove, presso una delle baite, sgorga una freschissima e godibilissima acqua sorgiva. Il ritorno, per lo stesso percorso, non prospetta difficoltà.

 

Il Gaver a Bagolino in primavera

 

La primavera accende di verde intenso la piana del Gaver.

 

S. Gervasio
Chi viene a Bagolino è attratto, come da un flusso magnetico, dalla curiosità di visitare la chiesetta dei Ss. Gervasio e Protasio; iniziata prima del 1500 ed ampliata successivamente a più riprese, è stata sede, fino a qualche decennio fa, dell'eremita: un guardiano nominato dal comune, in seguito a domanda, senza stipendio e col diritto di questua da cui traeva il sostentamento. Tempi di percorrenza: 1 ora. Dal piazzale prospiciente la chiesa si domina la valle e si gode una bella vista di Bagolino con la sua caratteristica forma ad "esse".

 

Il Cornone del Blumone nel gruppo dell'Adamello

 

L'acqua fonte di vita fluisce tra le rocce taglienti del Blumone.

 

Al portico di Monte Suello
Dal ponte Romanterra, via Levràs e Pozze, pur non superando la quota di m 1000, si giunge al portico di Monte Suello. Si può ammirare la parte meridionale della Val Giudicarie, il lago d'Idro ed i monti sulla sua sinistra: l'Alpe, lo Stino, il Mànos con le montagne di Capovalle e di Treviso Bresciano. Tempi di percorrenza: ore 2,30'.

 

Il lago della Vacca in inverno

 

L'abbraccio dei ghiacci al lago della Vacca sulle pendici del Cornone del Blumone.

 

Al Dosso Alto
Si parte dal ponte Romanterra e, attraverso Plas, l'Angoia e la Berga, si giunge a Dosso Alto, da dove si può proseguire per la Corna Blacca (m 2006). Seguendo un tratto carreggiabile Anfo-Croce domini, in una mezz'oretta si può giungere al Maniva. Tempi di percorrenza: 5-6 ore.

 

Il Gaver in inverno

 

Le prime nevicate imbiancano la piana del Gaver.

 

Crapa di Vaia
Si parte da Ponte Selva per giungere al monte Dasdana (m 2191). Proseguendo per la strada carreggiabile e passando davanti al ponte radio del Dosso dei Galli, per il Giogo della Bala si giunge alla cappelletta della Crapa di Vaia. Tempi di percorrenza: ore 8,30'

 

La diga del lago della Vacca sul Monte Blumone

 

La diga rivestita in granito del monte Blumone forma il lago della Vacca.

 

Malga Banca di Cadino
A Valdorizzo, prima della chiesina, parte il sentiero che, attraverso Sanguinera e Tovalioli, porta al passo Croce domini. Si prosegue sulla strada nazionale fino a Bazena da dove, passando da Val Fredda e attraversando la parte alta di Cadino, si giunge al lago della Vacca. Per il ritorno si segue il sentiero fino alla malga Banca di Cadino, si percorre un tratto di strada asfaltata fino al Goletto di Gaver dove si trova il sentiero che riporta in località Sanguinera; da qui si ritorna in Valledorizzo. Tempo di percorrenza: ora 9,30'.

 

I laghetti di Bruffione

 

I laghetti di Bruffione.

 

Ai laghi di Bruffione
Da Gaver si giunge alla prima malga di Bruffione; continuando per il sentiero si attraversano le malghe di Mezzo e di Bruffione Alto e si giunge al Passo Bruffione (m 2147) che segna il confine con il Trentino; si prosegue per un tratto il sentiero fino quasi al Passo Brealone dove parte un ulteriore sentiero che passa ai laghi di Bruffione e riprende il percorso che riporta a Prisa Capella, o quello che riporta al Gaver. Tempi di percorrenza: ore 8.

 

Malghe immerse nella neve al Gaver

 

Malghe immerse nella neve al Gaver.

 

La storia di Bagolino in Valsabbia
Secondo supposizioni, confermate anche da storici di epoca romana, le antiche popolazioni della Valle Sabbia, a partire dal II millennio a.C., furono liguri o reto-liguri.
Dall'anno 516 al 509 a.C. entrano in territorio bresciano gli Etruschi ed estendono le loro colonie fino al lago d'Idro, fondendosi con le locali popolazioni retiche.
Intorno al IV secolo a.C., i galli Cenomani conquistano la Valle Sabbia che domineranno fino al 197 a.C., anno in cui vengono ridotti all'obbedienza dai Romani.
Pur essendo stata accertata dal Mommsen la falsità dell'iscrizione GENIO PAGI LIVII, incisa sulla lapide scoperta nella torre di Bovegno, non si può escludere la possibilità della preesistenza, nella Valle del Caffaro, di un piccolo centro colonico o militare romano, che numerosi ritrovamenti confermerebbero.
A Bagolino, in località Parentà (in una lettera del 1824, conservata presso l'Archivio del Museo Romano di Brescia), vennero alla luce, durante la costruzione della strada, tombe ad inumazione in quadroni di pietra e larghi mattoni.
Insieme con le ossa furono rinvenuti un anello, un lume ed alcune monete.
Nel XVIII secolo, sotto i ruderi di un oppidum, in località Doss dei Balbane a Ponte Caffaro, furono ritrovati i resti di una testa in bronzo con elmo e sfinge appartenenti alla dea Pallade.
Della probabile esistenza di un centro demico risalente all'età romana, può ravvisarsi un indizio nel nome attuale del paese, forse derivante dal doppio diminutivo di Pagus (Pagulus, Pagulinus).
Ma le origini più certe dell'attuale borgata non si possono far risalire oltre il secolo IX o X, con la costituzione della vicinia.
Ci si riferisce così all'epoca in cui i Benedettini del monastero di Serle, invitati da Bagolino, Condino e Storo, risanano tutta la pianura, paludosa e malsana, delle foci del Chiese e del Caffaro, mediante canali e altre opere di bonifica, specie con intensi rimboschimenti di ontani (onés nel dialetto locale), donde il nome di Piana d'Oneda ancor oggi indicante la pianura.
Di quel periodo rimane la chiesetta di S. Giacomo, un tempo parte di un complesso più vasto destinato ad ospizio per il ricovero dei viaggiatori.
L'affermazione del cristianesimo, che si sviluppa e si diffonde a partire dal V e VI secolo, consolidandosi nel periodo longobardo, porta alla trasformazione del Pagus romano in Plebs e l'antico centro del pago diviene di solito quello della Pieve cristiana, circoscrizione con possesso di beni e con funzione di coordinamento religioso e amministrativo delle ville (piccoli paesi) che la compongono.
Bagolino non fu mai Pieve, ma appartenne a quella di Condino, sotto la giurisdizione del Principe Vescovo di Trento.
La lontananza fra Bagolino e Trento favorì lo sviluppo dei traffici verso Brescia (dove Bagolino possedeva una casa come fondaco per merci e alloggio), finché l'aperta ribellione ai feudatari vescovili di Lodrone, durante i torbidi politici concomitanti la presa di Brescia da parte di Enrico VII di Lussemburgo, culminò con l'aggregazione della borgata alla Valle Sabbia e alla Comunità di Brescia (1312).
I conti Lodron, potenti feudatari del Principe Vescovo di Trento, che dal loro castello di S. Barbara a Lodrone difendevano i confini meridionali del Principato, non accettarono di buon grado la perdita di controllo sul grosso borgo e iniziò così una lunga serie di lotte e soprusi, che durerà ben quattro secoli.
Le cause generali di ostilità, da inserire nel quadro più ampio delle lotte fra guelfi e ghibellini (guelfi i Bagolinesi legati a Brescia, ghibellini i Lodron vassalli dell'Impero), erano inasprite da cause di interesse locale.
Il territorio di Pian d'Oneda, reso fertile dalle opere di bonifica e divenuto proprietà dei Padri di S. Lorenzo Giustiniani di Monte Oliveto in Brescia, che lo affittarono a Bagolino nel 1355, divenne l'occasione del contendere.
A Brescia premeva quel territorio per ragioni politiche e di sicurezza di confine (e ne vantava il possesso), ma i conti Lodrone, già in altri tempi signori di Bagolino, miravano per le stesse ragioni ad occupare tutto il Pian d'Oneda, deviando a tal scopo anche il corso del fiume Caffaro che, compreso nei diritti regali (regalia principum), segnava la linea di confine.
Spesso i due governi dovettero intervenire. Bernabò Visconti, signore di Milano, fu sempre sollecito nel difendere i propri diritti (1357, 1378), ma ancor più energica di lui fu la consorte Regina della Scala.
Nel 1384, intuendone la necessità strategica, ordinò al Podestà di Brescia di far costruire sul Caffaro una fortezza per fronteggiare i Lodroni, i banditi e i contrabbandieri della zona.
L'opera rimase però sospesa per la morte di Regina della Scala, ma, in età successiva, sotto il dominio veneto, perdurando la necessità di difesa di questa zona, si provvide ad erigere un complesso di fortificazioni che sorse però in posizione più interna alla linea di confine. La grandiosa costruzione eretta dalla Repubblica fu la Rocca d'Anfo. La difficile controversia dei confini fra Bagolino e i Lodroni, si concluderà solo nel maggio del 1753 quando, in seguito al trattato di Rovereto, fra Repubblica Veneta e Maria Teresa d'Austria, vengono collocati quattro cippi di confine (uno è ancor oggi visibile sul dosso di Riccomassimo).
Prima di questo trattato, un singolare compromesso (lodo arbitrale datato 31/07/1393 in Creto), pur riconoscendo che il Monte delle Caselle e il Pian d'Oneda erano del comune di Bagolino, accordava ai Lodroni un tal complesso di diritti di costruzione, di passaggio, ecc. da consentire a questi un deciso sopravvento.
All'occupazione viscontea segue un lungo periodo di dominio della Repubblica Veneta che, seppur caratterizzato dal continuo passaggio di eserciti milanesi e veneti in lotta per il possesso di Brescia e delle sue valli, vede la popolazione favorita anche da sgravi fiscali ed esenzioni daziali, riconfermando le franchigie concesse già da Pandolfo Malatesta (succeduto a Gian Galeazzo Visconti nel 1402).
Ma la guerra fra Milano e Venezia, nonostante la pace di Ferrara (1433) avesse confermato che il Bresciano e il Bergamasco rimanevano ai Veneziani, si estese a tutto il territorio e al vicino Trentino.
In quel tempo la potenza della nobile famiglia dei Lodroni si era estesa e rafforzata, grazie soprattutto alla posizione dei feudi originari che permettevano ai Lodroni di offrire la loro alleanza ora a Venezia, ora a Milano, ora all'Austria.

Dai complicati intrighi politici del tempo il conte Paride fu indotto a svolgere un'attività politica e bellica in favore di Venezia, in contrasto con le tradizioni ghibelline dei suoi maggiori. Questa alleanza preziosa, continuata dai figli Giorgio e Pietro, spinse Venezia a concedere il feudo di Bagolino ai Lodroni (concessione del doge Foscari in data 11/04/1441), pur riservandosi la sovranità sul territorio (testimonia questa amicizia l'affresco in via Conti, recentemente restaurato, databile 1441-44, dove si vede il leone di S.Marco insieme al leone d'argento con la coda annodata, stemma dei Lodroni).
Ma la promessa dei Lodroni di non costruire castelli e di rispettare l'autonomia di Bagolino non fu mantenuta, poiché nel 1444 il paese ancora una volta si sollevò.
Nei nuovi conflitti di quegli anni, Bagolino presentò più volte le proprie ragioni al Senato veneziano, finché il 18 luglio 1472 il doge Nicolò Tron decise "che la giurisdizione civile e criminale di Bagolino aspettava al Potestà nostro di Brescia". Il che equivaleva a ridurre il privilegio del 1441 a pura parvenza.
Riavuta la sua antica libertà, Bagolino ripristinò i propri statuti che, aggiornati nel 1614, rimasero in vigore fino all'occupazione francese del 1797.
Nel 1779, la notte fra il 30 e il 31 ottobre, il paese fu quasi interamente distrutto da un terribile incendio.
Sviluppatosi da un forno fusorio del ferro, la cui lavorazione era diventata per la comunità sempre più importante (fino ad ottenere dalla Serenissima un marchio di fabbricazione degli acciai), il fuoco raggiunse in breve i tetti di legno dell'abitato.
I morti furono numerosi, come ricorda un affresco, ora conservato in biblioteca, ed alcune antiche famiglie si estinsero totalmente.
Dal 1796 al 1813-14 la Valle è interessata dal passaggio e dagli scontri delle truppe francesi e austriache.
Si ricordano le battaglie vinte dagli Austriaci nel 1799 in località Ponte Prada, Monte Celso e S. Giacomo a Ponte Caffaro.
Nel 1814, dopo l'abdicazione di Napoleone, la Lombardia viene annessa al Regno austriaco; l'assetto politico-amministrativo del territorio viene modificato con l'istituzione delle province divise in distretti e comuni.
Nel marzo 1848, in seguito all'occupazione di Brescia da parte dell'esercito piemontese, gli Austriaci si ritirano attraverso la Valle Sabbia, inseguiti dai volontari valsabbini organizzati in quattro corpi ("corpi franchi") al comando del colonnello Allemandi.
Dopo un breve armistizio, la guerra nel 1859 riprende e i Cacciatori delle Alpi, guidati da Cialdini, attaccano gli Austriaci e vincono a Bagolino.
Le operazioni si interrompono per le vittorie di S. Martino e Solferino.
Nel 1866 il Regno d'Italia, costituitosi nel 1861, grazie all'alleanza con la Prussia, cerca di liberare il territorio veneto e dal 25 giugno al 4 luglio si susseguono le battaglie nella zona del Caffaro.
Il 4 luglio gli Austriaci, dopo cruenta battaglia, abbandonano Monte Suello, inseguiti dalle truppe garibaldine che il 19 occupano il Forte d'Ampola e il 21 Bezzecca, dove vengono raggiunti dal fatidico ordine di ritirarsi.
Il 24 maggio 1915 l'Italia interviene nel I conflitto mondiale, schierandosi contro l'Austria.
A Ponte Caffaro, le case, i fienili e perfino la canonica vengono occupati dai soldati italiani.
La popolazione si sposta quasi completamente a Bagolino per evitare i colpi di cannone provenienti sia da parte austriaca (Forte Cariola, Forte Lardaro, forte Corno) sia da parte italiana (Rocca d'Anfo, Forte di Cima Ora).
Il resto è storia recente. Nella seconda guerra mondiale tutta la Valle fu oggetto di frequenti incursioni che provocarono vittime e danni materiali.
Durante la Resistenza, anche i monti di Bagolino furono teatro di attività e di estremo sacrificio delle brigate partigiane che numerose vi si rifugiarono.